giovedì 13 maggio 2010

Sono Savio

Il bar Savio è passato-presente-futuro. Era un'infanzia da schedina. E' ora, perché sprolunga, un no-global diffuso non-senso. Ed è domani, perché il fatal gli regala un riscatto.
Mi danno del lei al bar Savio. Si sollevano al "salve" quando ordino un Traminer. Sono fortunati ad avermi, ovviamente saltuario.
Entro salterino. Fisso il tabellone-lavagna mezzo cubo, stile Spectrum. Mi accomodo sul trespolo-pappagallo. Scomodo una ragazza una-una, spero sia una-1, invece è spesso, troppo, una-2. Questione di vino, solo vino, perché vivo.
C'è un tempo vuoto al Savio. Spesso, troppo. Lo spazio tra il bicchiere appoggiato-clinch e las tapas deposte-post. Con uovo, tal veces.
Al Savio c'è il miglior scranno per scrivere parole. Altezza stile. Garrese. Lì riempio certezze. Si schierano calici. Si accumulano cassette. Si allenta la cita. Si raggruppano istinti. Dal Savio si esce meglio che da A&F. Alle spalle lo spirito del domani. Mi hanno detto "grazie a lei". Nemmeno pentito.

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