martedì 13 luglio 2010

Cannese

Un valente collega
I diavoli di Zonderwater. 1941-1947. La storia dei prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvissero alla guerra grazie allo sport, di Carlo Annese
Lontani da casa, dagli affetti. Ma anche lontani dalla battaglia, dall'adrenalina del fronte. Erano soldati nel pieno della giovinezza, quelli che fra il 1941 e il 1947 si ritrovarono esiliati a Zonderwater, in Sudafrica. Un'intera generazione rinchiusa nel campo che ospitò il maggior numero di prigionieri di guerra italiani, quasi centomila su un totale di oltre seicentomila: una prigione a cielo aperto, talmente remota da aver lasciato poche tracce persino nei libri di storia. In un paesaggio lunare, arido e bersagliato dai fulmini, gli italiani dovettero inventarsi un modo per sopravvivere alla fame, alle malattie, alla noia, alla nostalgia del proprio Paese (e alla mancanza di donne). Li aveva accolti un altipiano brullo disseminato di tende: alla loro partenza, sei anni più tardi, lasciarono una vera città, con edifici in muratura, due ospedali, trenta chilometri di strade, quindici scuole, ventidue teatri, un monumento. Fu un capo illuminato, il colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, a capire che a quei giovani uomini doveva prima di tutto restituire una vita normale. Così scelse lo sport come alleato: promosse gare di scherma, atletica, ginnastica, oltre a un campionato di calcio vissuto con tale passione da trasformare in divi i più bravi fra i prigionieri. (Prefazione di Gian Antonio Stella).

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