"Scassinarmi da me per entrarmi di giorno in sogno e vedere com'è che mi muovo che cuocio un uovo e svogliare cari orari miei non toccare lei Corro solo e oserei defluire a segreti greti e irretirmi curioso nel buon uso del sosia iosa e goloso di dolcezza mia derubarmi La lacrima sta come arancia nell'aranceto delle guance sfila si snoda da indossatrice dentro l'abito da sera della mia cera Con marina ironia paturnie notturne e ormeggi sogno un mio volteggio umano da gabbianone"
martedì 6 aprile 2010
Mas sì
Ne ha Messi quattro. Prima il suo classico sinistrorso accentrandosi, patapam, poi di destro arrivando come Holly from nowhere, sdeng, poi ancora dipingendo un arco, spfff, un tiretto, un sinistrino di yoghurt, capolavoro non rende il tutto. Nel secondo tempo, gli inglesi erano stramazzati, ha infilato il quarto, irridente, radente, szack, sotto le gambe di Almunia, portiere di Pamplona, di Iruña in basco, poker. Ho rivisto Maradona. Ma era più veloce. Un uragano gentile, il flipper stavolta non funzionava. Era tutto così lineare, non un caso, una sentenza. Il mago ne ha Messi quattro. Quattro in un quarto di finale, sotto 0-1, con una certa pressione. Gli sono bastati tre minuti per recuperare serenità. Ha creato un gol spaziale, sarebbe bastato quello. Invece no. Due, tre, quattro. "El mundo a sus pies", titola Marca. Segna sempre lui. Ma stavolta è andato oltre. Stavolta era Maradona. Ma di più.
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