"Crepi il Lupi. No grazie". Ha detto più o meno una cosa così, hanno riso alcuni in mezzo ai microfoni. Poi ne ha detta un'altra: "Prima ha dato le dimissioni, poi le ha ritirate, poi forse, e poi le ha ridate". Parlava di Bocchino. Il politico. Maurizio Lupi, famiglia socialista, ciellino, ex diccì. Dalla periferia periferica di Milano, con il mito di Gianni Rivera, alla vicepresidenza della Camera (passando per il collegio di Merate prima della "porcata"). Corre, Lupi, eccome corre. La maratona. Si allena, raccontano, nei parchi di Milano. Ha corso quattro 42km a New York poco sopra le 4 ore, in una Stramilano ha pestato asfalto per 3 ore e 48 minuti. E' vino? E' vita? E' calcio? E' incrocio? E' diversità? E' talento? E' canzone-storia? E' effetto Porto? No-no-no-no-no-no-no-no. E allora perché gabbianato? Perché oggi Lupi è corso a Udine, ha corso direzione viale Ledra, ha discorso al piano uno, sede nuova del Pdl (Fi+An=4sedi-3sedi/una segretaria in ufficio bunker senza finestre*incazzata al quadrato). Parla bene, non aggira, non tutto almeno, sembra (sembra) non berlusconizzato. Pensa ai cittadini, dice. Epperò non coglie il passaggio chiave. La restituzione del maltolto sulla scheda. Nome e cognome. Scelgo altrimenti vado al mare. Faccio vincere e perdere. Promuovo o detesto. Perché per la Nutella (o il frico, non cambia) devi arrampicarti geco, rischiare suture, infilare gessi. Una Nutella (frico) che dura cinque anni senza scadere, tantoppiù. Sarebbe bello che in tante belle parole e bei progetti e bella giornata qui a Udine Lupi avesse detto più chiaramente che i parlamentari autoriproducenti sono un po' sfigati. Ecco, solo questo. Un po' sfigati.

















