"Scassinarmi da me per entrarmi di giorno in sogno e vedere com'è che mi muovo che cuocio un uovo e svogliare cari orari miei non toccare lei Corro solo e oserei defluire a segreti greti e irretirmi curioso nel buon uso del sosia iosa e goloso di dolcezza mia derubarmi La lacrima sta come arancia nell'aranceto delle guance sfila si snoda da indossatrice dentro l'abito da sera della mia cera Con marina ironia paturnie notturne e ormeggi sogno un mio volteggio umano da gabbianone"
lunedì 3 maggio 2010
Lunedì cinema
Cosa? Che? Ripeta? Dimmi? Ti richiamo. Ho perso la voce. Lo sapevo già da ieri sera e non ho provvisto con adeguati remedia. Consueta assuefazione al fatal. Una rincorsa di caffè, una speranza nel latte caldo, un'illusione nel the bollente con la bustina giusta pescata come asso di briscola, la rassegnazione nel bianco, una ripresa virtuale nel risotto. Cosa? l'assessore. Che? il capogruppo Iddivvì. Ripeta? La centralinista. Dimmi? La collega. Ti richiamo. Senza voce, niente magie. Le parole-rantolo nulla hanno potuto contro l'umido, le saracinesche abbassate, quelle alzate senza sorrisi, il caldo-freddo, il non bici, l'ombrello pendant camicia inevitabilmente disperso-ritrovato-smarrito. Mancava solo Charlot.
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