"Scassinarmi da me per entrarmi di giorno in sogno e vedere com'è che mi muovo che cuocio un uovo e svogliare cari orari miei non toccare lei Corro solo e oserei defluire a segreti greti e irretirmi curioso nel buon uso del sosia iosa e goloso di dolcezza mia derubarmi La lacrima sta come arancia nell'aranceto delle guance sfila si snoda da indossatrice dentro l'abito da sera della mia cera Con marina ironia paturnie notturne e ormeggi sogno un mio volteggio umano da gabbianone"
martedì 25 maggio 2010
Corse corte
Drin, dove sei, che fai, caffè? Seduto al Leon d'Oro, Largo Meni, fuori, vecchiette, vecchione, vecchiacce, spritz in bicchiere graffiato, raccolgo appunti sul caso R. Mi sposto direzione via Manin, appunti sul fianco, assessori schierati, tappi-un bicchiere gratis, parlano tutti, il presidente di banca meglio, poi via al Numero 8. Tavolo ovale, assessori schierati bis, Buttrio in forze, Buribus-geniale, posto triste ma potenziale g-rosso, accavalla le gambe ma non è Pietra, sinistra, sta sempre a sinistra, arriva Meni, forse la mia amica Federica. No. D'improvviso "Niente...devo andare via martignacc...autobus a fuoco...". Morti? chiede Meni. Più vivi che morti, doppio giro, poi tartine, poi arabo. Piatto unico, buono, bene, pesce, cous cous, conchiglie, foto-vigna, mandi Pecile, telefonata, lirica, scappo, via, dove vai, perché, torna, tornate. Risalire piazza Libertà, via Mercatovecchio, ridiscendere corte, cortili, carte (briscola a Buri, domenica 6, non mancare), caffè miao-miao. Ciao, bici, infilato sulla tastiera. Adesso.
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geniale: la mia giornata, a metà, oltre lo specchio
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