"Scassinarmi da me per entrarmi di giorno in sogno e vedere com'è che mi muovo che cuocio un uovo e svogliare cari orari miei non toccare lei Corro solo e oserei defluire a segreti greti e irretirmi curioso nel buon uso del sosia iosa e goloso di dolcezza mia derubarmi La lacrima sta come arancia nell'aranceto delle guance sfila si snoda da indossatrice dentro l'abito da sera della mia cera Con marina ironia paturnie notturne e ormeggi sogno un mio volteggio umano da gabbianone"
lunedì 25 gennaio 2010
Vergogneve
Hanno vinto ancora, e vabbè. Ma hanno la faccia come il culo. Il biondino spelato è un fenomeno, un motorino con le pile appena scartate, corre, imposta, tira, una furia. Ma applaude e sbaglia, rosso solare, di che cosa parliamo? Dove lo spazio di una protesta? Dove l'originalità di un botta e risposta? Rosso SOLARE. Poi c'è pure un rigore possibile, minimo, da dibattito. Infine un altro che non c'è ma il nero lo dà perché ci sta di sbagliare. In fondo, ha sbagliato solo quello. E quelli, facce come il culo, scimmiottano gli antipatici che vincevano, senza saperlo fare. Con un'arroganza scomposta, un'ironia greve, autossimoro, forti ma grezzi, superiori ma contro le macerie, fintamente smemorati su millanta regalini e regaloni, sul mani visto e quello no. Vergogneve, dissero un giorno i padovani. Ecco, il senso è quello.
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