"Scassinarmi da me per entrarmi di giorno in sogno e vedere com'è che mi muovo che cuocio un uovo e svogliare cari orari miei non toccare lei Corro solo e oserei defluire a segreti greti e irretirmi curioso nel buon uso del sosia iosa e goloso di dolcezza mia derubarmi La lacrima sta come arancia nell'aranceto delle guance sfila si snoda da indossatrice dentro l'abito da sera della mia cera Con marina ironia paturnie notturne e ormeggi sogno un mio volteggio umano da gabbianone"
domenica 8 novembre 2009
Un tatuaggio sul palato
Parole pensate, non scritte. Ipotesi di ex-post su millanta contenuti. Eppure parole articolate, rimandi, folgorazioni, strappi e riattacchi, non manierismi o spazi vuoti riempiti per noia. Un tatuaggio sul palato. Parole mille volte digitate ad altezza ramo ma non collocate su bianco da una schiena incurvata. Perché non scrivi di più maestro? Perché non scrivi sempre maestro? Perché il maestro ha già scritto. E scrive anche se non appare.
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